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"...the topic of change, in a journey that maps out the transformations that the digital revolution has wrought upon the landscape of human experience. From Space Invaders to the PlayStation, from Windows 95 to the conundrum of artificial intelligence, Baricco traces the trajectory of a revolution in the way we think, feel, and communicate - and seeks to discover what it might actually mean for our future."--Publisher.… (mais)
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Remarquable essai. Alessandro Baricco s'adresse au lecteur, l'interpelle, avec beaucoup d'humour et dans un style très fluide qui nous donne l'impression d'écouter l'auteur plutôt que le lire, de suivre le cheminement de sa pensée alors que tout est déjà très analysé, réfléchi et strucuturé.
Alessandro Baricco s'interroge sur cette révolution numérique en posant comme postulat que ce n'est pas la technologie qui a fait évoluer les mentalités mais bien au départ la volonté de sortir des mentalités du XXème siècle pour éviter le renouvellement des horreurs tragiques de ce siècle. Très majoritairement mener par des jeunes hommes, blancs, américains, ingénieurs, scientifiques, ce changement de civilisation repose sur le choix du mouvement, sauter les étapes, éviter les médiations, dématérialiser l'expérience, faire confiance aux machines et à l'interface homme-clavier-écran, remonter à la surface, intervenir sur les outils au lieu de lancer une guerre des idées, inventer des instruments et non pas des systèmes philosophiques, tout ces principes supportés par l'esprit du jeu video (score, amusement, apprentissage en avançant,..) et de la globalité (tout à porté de doigt)
Il découpe cette analyse en trois étapes, l'ère classique, l'ère de la colonisation et enfin l'ère du Game.
Alessandro Baricco analyse profondément l'émergence de ce changement de civilisation, identifie les dangers (égoïsme de masse par exemple) sans non plus refusé cette évolution car pour lui ce mouvement est inéluctable.
A la fin de son essai, il analyse l'impact de la révolution numérique sur deux thèmes, la vérité et l'art. ( )
  folivier | Mar 27, 2021 |
“Nel 1970, quasi mezzo secolo fa, il sociologo e futurista Alvin Toffler scrisse un libro che ricordo di avere comprato in una libreria napoletana in via Mezzocannone, di fronte all'università dove mi ero appena laureato. Il titolo era "Lo Shock del Futuro". Era in inglese ed io lo comprai non solo per dovere per così dire professionale, ma anche perché avevo il futuro che mi si parava davanti e mi approntavo a “viaggiarlo”. I tempi erano davvero esplosivi, ma eravamo tutti pronti ad aggredire il futuro, sotto la pressione di quella grande utopia che fu il "68" europeo. (unideadivita)”

Ci sono libri che arrivano in un certo momento della vita, ti permettono di fare una sintesi preziosa e necessaria di quello che pensi. Non solo questo. Ti permettono anche di giudicare quello che hai pensato e fatto nel tempo che hai vissuto. E’ come se, improvvisamente, ti presentassero il (tuo) passato, il presente ed il futuro in sola stringa comunicativa e ti chiedessero di giudicare quello che hai fatto in un certo lasso di tempo, diciamo mezzo secolo. Un passato, poi diventato presente trasformato in futuro. Quasi come un “gioco”, anche se di gioco non si tratta affatto, a mio parere.

La parola è quella usata dall’autore per dare il titolo in inglese a questo libro: “The Game”. L’idea di fondo del volume è che quella che stiamo vivendo non solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma anche il risultato di una insurrezione mentale. In particolare, chi l’ha innescata, dai pionieri di Internet all’inventore dell’Iphone, aveva in mente di liberarsi del Novecento e delle sue tragedie. Da questo scaturiscono alcune caratteristiche della civiltà in cui ci troviamo come il “movimento”, la “leggerezza”, la “battaglia” contro le èlite.

Un libro che per questo blogger è davvero una sintesi, se mi rileggo quello che scrissi nella citazione qui sopra riportata su Toffler. Non a caso, di recente ho cercato di mettere ordine a quello che ho fatto negli ultimi venti anni, diciamo da quando ho lasciato il mondo della scuola e ho pubblicato, in qualità di “figlio di tipografo” in un libro quello che ho pensato, scritto e pubblicato sia in cartaceo che digitale nell’arco di questo mezzo secolo. Un modo per fare “sintesi” con me stesso, oltre che per capire quello che penso, ma anche la maniera giusta per passare il testimone a mio figlio che rientra in quella sfera esistenziale che Alessandro Baricco invita a farsi avanti, quella che lui chiama “nuova intelligenza, quella che ha meno di 35 anni”

La parola chiave deve necessariamente essere “sintesi”, ringraziando anche Iddio se mi concede il “movimento” con la necessaria “leggerezza” di pensiero. Io scrivo per capire quello che penso. Quello che fa anche Alessandro Baricco, il quale, oltre che scrivere in maniera stupenda, lo insegna anche. Condizione abbastanza fortunata la sua, che non può non suscitare gelosie e invidie. Lui è in cerca di intelligenze nuove che si facciano avanti per creare un mondo nuovo, diverso dal terribile Novecento. Chi dovrebbe fare parte di questa nuova intelligenza? Lo dice nel libro e l’ha confermato in una lunga intervista a “La Lettura” giorni fa. A dire il vero lui non esclude gli ottantenni, ed io me ne compiaccio, dinosauro come sono. Chi sono, allora, questi nuovi “intelligenti”? Ecco come risponde nella citata intervista:

“Quelli che non stanno ricoprendo ruoli dirigenziali, non stanno facendo politica, non sono presidi di scuole. Lo scontiamo lasciamo il palco agli altri. E’ il momento che la nuova intelligenza esca fuori, in modo anche aggressivo. Anagraficamente è facilitato chi ha tra i 10 e i 35 anni, ma ci sono pure ottantenni con una testa da “Game”. Sono gli individui con una intelligenza non lineare, che hanno talento nel collegare pezzi di mondo, non hanno zavorre ideologiche novecentesche. Io stesso ne ho, nel mio sangue circolano cattolicesimo e comunismo, una certa idea di sinistra. Alcuni miei studenti sono più liberi. Quelli come loro devono uscire fuori”.

“Collegare pezzi di mondo”, un pensiero che mi fa venire in mente il titolo di un libro uscito nel 2002 a firma di David Weinberger che parlava di una teoria unificata della rete “Small pieces loosely joined”, tradotto in italiano con il titolo di “Arcipelago Web”. Ma, ancora prima, l’idea di “una teoria unificata” della conoscenza e quindi dei “testi” mi era già abbastanza chiara. Infatti, in occasione delle celebrazioni per il “Cinquantennale e Venticinquennale del Liceo Classico Statale “T. L. Caro” e del “Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” della Città di Sarno, nella Valle dei Sarrasti, nel 1994, (notate l’anno!), ebbi modo di relazionare nel Convegno su quello che si intendeva per “ipertesto” in funzione didattica. Era come anticipare la “rete”.

Come si può leggere nella rivista LYCEUM dell’Istituto pubblicai nel numero 6, in data giugno 1994: “Si dice ipertesto qualcosa in più della somma di diversi “testi”, più specificatamente si intende la capacità di stabilire collegamenti immediati tra le informazioni, gestendo anche immagini e suoni”. Parlavo dei vantaggi di un ipertesto che portava il nome di Galileo e che conteneva un concetto di scientificità ed uno spessore culturale ampio e trasversale, indispensabile nella articolazione delle scienze e del loro sviluppo. Il sistema degli ipertesti poteva essere in grado di realizzare esperienze di ricomposizione delle conoscenze, integrando le varie discipline di studio. Un ambiente interattivo ottenuto dall’incontro tra il computer e la televisione. Si diventava così “attori” nel processo di conoscenza. Insomma conoscere era come “giocare” per scoprire. Era cominciato il gioco: “The Game”, appunto, quello che stiamo qui ancora a giocare.

“Un mondo nuovo”? Certamente “cose” di un mondo che soltanto venti anni fa, 1994 appunto, non esistevano: wikipedia, facebook, skype, youtube, pinterest, twitter, whatsup … inutile continuare. Un “mondo nuovo” pieno di nuovi strumenti che mancava, però, del necessario artefice principale: l’uomo. Non lo produsse chi se lo aspettava e lo sognò nel ‘68. Forse Baricco all’epoca ne fu giovane sognatore. Ne aveva l’età. All’uscita del libro, che continua ad essere ovviamente, e anche giustamente, nelle vette delle classifiche di vendite, non ha suscitato soltanto applausi ma anche qualche inevitabile “stroncatura”.

Se Alessandro Baricco ha fatto una magistrale lezione sia su Internet che sul Web, (è bene ricordare che non sono la stessa cosa!) pensando il tutto, in maniera ironica e provocatoria, c’è stato chi, invece, pensa che questo “gioco” non solo sia “inutile”, ma anche pericoloso. Stenio Solinas in un articolo sul libro, definito “stroncatura”, è convinto che il “game” non ci eviterà gli incubi del secolo scorso, quel Novecento terribile che già molti avevano descritto come l’avvento di “mondo nuovo”, quello alla George Orwell, Aldous Huxley, per intenderci, con lo strascico di tutti gli “ismi” possibili ed immaginabili che continuano ad affliggerci.

Il “Game” giocato da Baricco, secondo Solinas, può condurci e ben altro. Non conoscenza nè pace se all’orizzonte si annunzia l’arrivo di quello che può condurci al predominio dell’artificialità sull’umanità. Se il "movimento" è destinato a vincere sull’immobilità, il "liquido" sul solido, se la "realtà" verrà aumentata a piacimento, ci potrà essere il rischio di creare un oltremondo digitale frequentato da chi non ne ha uno suo, non ha una sua ragione, un suo perchè dello stare nel mondo reale, così com’è, senza “aumenti”.

Il rischio è quello di generare incubi con i relativi mostri. Alessandro Baricco non parla quasi mai di quella ancora oscura realtà che va sotto il nome di A.I. - Intelligenza Artificiale. L’invito rivolto ai giovani ad essere “aggressivi” non promette niente di buono oltre che di nuovo. I “mostri” non scompaiono con la tecnologia, anzi si rinnovano, capaci di evolvere in una realtà aumentata che non ha nulla di umano. E allora, tutto sarà per l’umanità, tranne che un “game”. ( )
  AntonioGallo | Sep 24, 2020 |
Saggio interessante con un inizio coinvolgente e parecchi spunti condivisibili. Una seconda parte più noiosa e ripetitiva. ( )
  permario | Jan 20, 2020 |
Cominciamo con un punto fermo: Baricco scrive maledettamente bene. Il problema maggiore del libro è probabilmente proprio quello. Tutto fila perfettamente: solo che nei primi capitoli io ho continuato a incazzarmi per le cose sbagliate che trovavo, per incazzarmi ancora di più quando nel seguito rigirava la frittata dicendo l'opposto, e peggio ancora quando verso la fine del testo ha scritto nemmeno troppo implicitamente che i primi due capitoli, "quasi preistorici", è meglio non rileggerli. Detto in altri termini: il libro è sicuramente stato costruito attentamente, non è certo un parto lineare. Riconosco però a Baricco la presenza di una grande quantità di spunti e intuizioni, probabilmente dovuti al suo essere un outsider rispetto a chi ha costruito il Game (ma perché la parola inglese? Il punto focale della sua analisi, la presentazione del primo iPhone fatta da Steve Jobs, è un classico esempio di Play, non di Game. In italiano avevamo il vantaggio di poter usare una singola parola, così invece ha incrociato i flussi).
Quello che mi ha trovato assolutamente contrario, e che mi ha fatto abbassare il giudizio, è l'ultima parte. Capisco che Baricco viva di storytelling, e quindi debba dargli importanza. Ma riuscire a ridefinire la post-verità come "verità-veloce", o più esattamente "una verità che per salire alla superficie del mondo – cioè per diventare comprensibile ai più e per essere rilevata dall’attenzione della gente – si ridisegna in modo aerodinamico perdendo per strada esattezza e precisione e guadagnando però in sintesi e velocità", è davvero troppo. In definitiva, un libro che consiglierei solo a chi sa di cosa si parla ma vuole essere certo di non aver perso nulla. ( )
  .mau. | Oct 13, 2019 |
In "De Barbaren", de voorganger van dit boek, schreeft Baricco al hoe wij getuige zijn van niet zo zeer een invasie van barbaren maar van een mutatie die ons allemaal betreft. In "The Game" focust Baricco op de recente digitale revolutie die hij niet als een technologische maar vooral een mentale revolutie ziet. En daarmee bedoelt hij niet dat computers een nieuwe vorm van intelligentie hebben voortgebracht; het is juist een nieuwe vorm van intelligentie die computers heeft voortgebracht. De digitale wereld is een gevolg en niet een oorzaak. In een soms wat langdradige stijl met heel wat herhalingen brengt Baricco deze digitale wereld letterlijk in kaart vertrekkend van waar het volgens hem allemaal begon namelijk bij het spelletje Space Invaders waarin het volledige dna van de digitale revolutie al is terug te vinden. Ideologie wordt vervangen door tools. Diepgang wordt afgewezen als plek van het authentieke waardoor het hart van de wereld naar de oppervlakte wordt gehaald waar alles constant in beweging is en wordt herleid tot een spel van punten of likes. Alles komt samen een soort nulhouding van mens-toetsenbord-scherm die steeds een verlengstuk wordt van de mens-gebruiker. Het "alles" wordt verheven tot maateenheid (alle kennis, alle muziek, alle films...) zodat het "oneindige" niet langer lijkt te bestaan maar het slachtoffer wordt van deze revolutie (p. 239)
Die obsessie met beweging, het afwijzen van grenzen, het uitschakelen van elites, voorgangers en elke vorm van bemiddeling worden door Baricco gezien als een manier van The Game om radicaal komaf te maken met de twintigste eeuw met zijn obsessie voor grenzen leidend tot beide wereldoorlogen. In The Game draait het allemaal rond rechtstreekse toegang tot kennis, rond post-ervaring (= een manier om de oppervlakkigheid te gebruiken als het terrein van de betekenis, een intelligente versie van multitasking) binnen een nevenwereld waarin we het de realiteit en het leven zelf gaan bewerken zodat het meer aan onze verwachtingen voldoet. "Velen realiseerden zich zelfs plotseling dat ze zomaar zelf konden denken: dat ze een mening konden hebben zonder daarmee te hoeven wachten tot een of andere elite een mening uitte, legitimeerde en vervolgens beschikbaar stelde, zodat jij de kans kreeg om die mening te delen. Nu kon je er zelf een produceren, vormgeven, uiten en vervolgens in de bloedbaan van de wereld schieten, waar ze in potentie miljoenen mensen kon bereiken. Nog maar honderd jaar geleden waren er in heel Europa hooguit een paar duizend mensen die zich zoiets konden veroorloven." (p. 220)
Italië werd door Corduwener & Weststeijn al een proeftuin genoemd (zie het gelijknamige boek). En wanneer Baricco schrijft over fenomeen van de Vijfsterrenbeweging in het Italiaanse politieke landschap lijken zijn woorden wat profetisch te worden in het licht van de recente Belgische (Vlaamse) verkiezingsresultaten. "... waar emoties regeren worden bepaalde mentale structuren omvergegooid, puur door de stroming van een collectieve drift. Zo kan het gebeuren dat een digitale benadering van de wereld wordt versmald, via bepaalde overgangen, tot het niet veel meer is dan een instinct, een uiting van ergernis, een fuck-you. Het is op dat moment dat die digitale benadering het rechts-populisme naast zich aantreft, en de omhelzing begint. Op zich betekent dat niets, het is ook niet zo heel belangrijk: maar voor ons die de Game bestuderen zegt het wel wat: het zegt dat de Game ook een onderbuik heeft, en dat die af en toe de overhand krijgt, en op zo'n moment is elke zijstap mogelijk, ook die waardoor je jaren terug in de tijd wordt gesmeten, of ver weg in obsolete woedes. Of de zijstap waardoor je ineens staat te dansen met het rechts-populisme." (p. 236)
Het siert Baricco dat hij de digitale revolutie benadert als een archeoloog en schrijft zonder (voor)oordeel met oog voor tegenbewegingen en tekortkomingen (o.a. het creëren van een nieuwe elite van superrijken en dreigende monopolies die vernieuwing in de weg staan) alsook voor belangrijke grensgebieden waarin de oude nevenwerelden (kunst en literatuur) en nieuwe naast elkaar leven. "Voor een dergelijke beschaving is het cruciaal om te kunnen bewijzen dat ze rechtstreeks afstamt van mensen die volledig menselijk waren. Er zijn verschillende stambomen in leven gehouden juist omdat die deze afkomst konden aantonen, en een van de belangrijkste is de stamboom die de oude nevenwerelden voorstellen. We zullen onszelf nooit echt verliezen zolang we nog boeken in de hand houden. Niet zozeer vanwege datgene wat erin staat. Nee. Vanwege het feit hoe ze gemaakt zijn. Ze hebben geen hyperlinks. Ze zijn traag. Ze zijn stil. Ze zijn lineair, ze gaan van links naar rechts, van boven naar beneden. Ze kennen geen puntentelling. Ze beginnen en eindigen. Zolang we daarmee kunnen omgaan, zullen we nog menselijk zijn. Daarom geeft de Game ook kinderen een boek in de hand." (p. 320-321) ( )
2 vote rvdm61 | Jun 8, 2019 |
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"...the topic of change, in a journey that maps out the transformations that the digital revolution has wrought upon the landscape of human experience. From Space Invaders to the PlayStation, from Windows 95 to the conundrum of artificial intelligence, Baricco traces the trajectory of a revolution in the way we think, feel, and communicate - and seeks to discover what it might actually mean for our future."--Publisher.

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