Scritto nel 1925, parla di quella che allora era "arte nuova" e senza dubbio fa considerazioni che possono essere applicate anche all'arte contemporanea d'oggi. La posizione di Ortega è ambigua nella misura in cui da un lato afferma di non voler affermare la superiorità né dell'arte contemporanea né di quella precedente, dall'altro si tradisce quando descrive la separazione tra volgo ed élite intellettuale (l'unica in grado di capire l'arte contemporanea - e non è difficile credere che lui se ne senta parte). Ci sono senz'altro note corrette e del tutto precorritrici di quanto è poi accaduto, in particolare il carattere intrinsecamente ironico dell'arte contemporanea.
( )