Cate Blanchett

Gregory Crewdson - Alone Street

Nel visitare la mostra allestita a Torino alle Gallerie Italia ho provato ansia e disagio; sapere che le immagini che avevo di fronte erano frutto di una pesante manipolazione non ha per nulla diminuito l’intensità di queste sensazioni.

Per alcuni giorni mi sono interrogato sulla necessità di mobilitare tutte le risorse che sono state impiegate per rappresentare l’angoscia presente in queste fotografie-performance. La fotografia che dà il nome al libro ha richiesto l’intervento di un troupe numerosa, di una squadra di tecnici comunali, dei vigili del fuoco e della polizia stradale nonché la scelta di non tosare l’erba nelle aiuole per farla crescere abbastanza da creare un aspetto di desolazione e abbandono.

La sola motivazione che trovo dopo aver sfogliato i cataloghi di altri noti fotografi americani - in Shore, in Weston o Frank c’è una traccia vaga di ciò che presenta Crewdson, ma appena accennata, mai altrettanto intensa - e aver letto qualche pagina dei testi di Poivert e Guadagnini è che questa angoscia esiste ma è praticamente impossibile coglierla nella sua forma più intensa perché nel mondo reale viene rimossa, nascosta; per farla emergere occorrono le tecniche della pittura, del teatro e del cinema.

I fotografi come Crewdson mettono in discussione la capacità della fotografia di rappresentare tutte le emozioni che l’anima umana può cogliere. Per alcune di queste emozioni la fotografia da sola, così come è stata intesa nel ‘900, forse non basta.… (mais)